In memoria di Mario Comunetti morto il 5 marzo 2021
*Mario Comunetti è un amico che vive a 1 km da casa mia, fa il “roccista”, un lavoro particolare che consiste nei lavori in pietra nei giardini, muretti in sasso, pavimentazioni con ciottoli, grotte, rivestimenti, scale ecc. per lui non è un lavoro ma un arte, infatti nella sua attività è da tutti considerato un artista, ha iniziato la professione facendo l’apprendista del padre e dello zio già affermati roccisti. Da ragazzo, con il padre e lo zio per diversi anni passavano tutto l’inverno lavorando nel grande giardino di villa Sutter a Genova, in questo giardino i Sutter avevano costruito una grande serra per custodire la loro collezione di orchidee e l’allora quattordicenne Mario ne rimase tanto affascinato
che uno dei suoi sogni è sempre stato quello di avere una serra di orchidee come quella di villa Sutter. Ha lavorato con grandi architetti e soprattutto con Pietro Porcinai, senza dubbio uno fra i più grandi paesaggisti di sempre, divenendo forse il più bravo e apprezzato roccista italiano. Una ventina d’anni fa è venuto in azienda e mi chiese “Ma coltivi le orchidee?” certo risposi, mi raccontò dei suoi ricordi della serra di villa Sutter e che da allora aveva il desiderio di farsi la sua serra di orchidee, volle accompagnarmi a casa sua, una villetta alla periferia di Morosolo, aveva un giardino bellissimo e molto curato, ma soprattutto un’infinità di piante strane che non avevo mai visto prima e una piccola serra addossata alla casa in cui teneva piante tropicali e anche qualche orchidea. Comunetti viaggiava molto, sia in Italia che all’estero, e ad ogni viaggio la sua collezione di piante particolari aumentava, la priorità in tutti i suoi viaggi, era di andare a cercare piante insolite.
Da un viaggio in Messico portò tra le altre una bellissima pianta che mi incuriosì, era chiaramente un Impatiens ma molto strano, i fiori sembravano tanti pappagallini rossi e gialli, gli chiesi “Ma che bella! Come si chiama?” e lui “Boh! Pappagalli messicani” da una talea di quella pianta ricavai un notevole numero di piante che vendevo nelle mostre come “Pappagalli Messicani”, ho poi trovato il vero nome Impatiens niamniamensis, di origine africana, (non messicana) ma continuavo a vendere quelle piante come pappagalli messicani era più simpatico.
Ogni anno la collezione di orchidee si faceva più numerosa, alcune piante le prendeva da me ma la maggior parte le portava dai suoi viaggi in Brasile, Indonesia, Madagascar, Messico, Costa Rica, Kenya, Tailandia, Filippine sono quelli che ricordo.
Mario è un collezionista insolito, tra le sue tantissime piante quelle che hanno l’etichetta con il nome sono pochissime, a lui non interessano i nomi, non interessa che siano specie botaniche o ibridi, l’unica cosa importante per lui è che gli piacciano e se un visitatore gli chiede cos’è questa pianta lui risponde “Boh!, l’ho presa …” e dice dove l’ha presa e se non è fiorita descrive esattamente le caratteristiche del fiore. Non conosce il nome ma conosce perfettamente ogni sua pianta e di ognuna ricorda la provenienza e ogni caratteristica.
Anche la serra si ingrandiva, ogni anno si estendeva di un nuovo pezzo e ora, magari non è grande come quella di villa Sutter, ma per un hobbista, è una serra con dimensioni di tutto rispetto, è bellissima, non tanto per la struttura, quanto per l’idea che ne è alla base.
La villetta di Mario al pianterreno aveva cucina e sala da pranzo (ora questi locali sono stati portati al primo piano) nella sala da pranzo la parete sud era stata demolita e sostituita dalla serra che era addossata alla casa, praticamente sala da pranzo e serra erano un unico ambiente, e la serra era concepita come un giardino, non c’erano i classici tavoli su cui solitamente sono appoggiate le orchidee. Il pavimento della serra non era piano ma molto movimentato, quasi a simulare dolci colline, ovunque strutture d’acciaio rivestite in sughero sembravano tronchi di alberi ricoperti di orchidee, sul terreno tra felci e palme le piante di orchidee più grandi, nel punto più basso c’era un laghetto in cui scendeva fragorosamente una cascata d’acqua da una montagnola alta circa 2 metri, vialetti, pavimentazione, muretti, laghetto tutto era rivestito in pietra, e dulcis in fundo, in uno slargo del vialetto principale una panchina ed un lampione.
Per l’ombreggio Mario ha escogitato una soluzione geniale, sui bordi della serra aveva piantato rampicanti insoliti, le piante normali non facevano per lui, Tumbergie di vari tipi, Aristolochia elegans e gigantea, Passiflora quadrangularis e altre che non conosco.
In primavera i rampicanti crescevano e con l’avanzare della stagione si allargavano sotto il tetto della serra e in estate lo ricoprivano del tutto, una soluzione ingegnosa perché le piante oltre ad ombreggiare tenevano l’ambiente più fresco dei normali ombreggi e inoltre rallegravano con bellissimi fiori, verso metà settembre con le forbici cominciava a sfoltire i rampicanti rendendo l’ombreggio più rado, un’altra sfoltita più avanti e a fine ottobre l’ombreggio veniva eliminato completamente con taglio drastico dei rampicanti fino a circa 1 metro d’altezza, in primavera i rampicanti riprendevano a vegetare e ombreggiavano la serra in modo graduale man mano che l'illuminazione solare diventava più intensa.
Negli ultimi anni quando all’Orchideria arrivava un appassionato, se avevo tempo lo accompagnavo a visitare la serra di Mario Comunetti, entravamo dalla porta che da sul giardino, l’ingresso nella serra-giardino con sullo sfondo la sala da pranzo lasciava tutti a bocca aperta ed io mi divertivo cercando di leggere le emozioni sulle facce dei visitatori, un insieme di stupore e meraviglia, ogni tanto mi veniva in mente il sogno di Mario ragazzino quando lavorava nella serra di villa Sutter, sono sicuro che tutti gli appassionati che ho accompagnato a visitarlo hanno nel loro cuore il sogno di realizzare un giorno una serra come la sua. Conosco molti appassionati orchidofili che si sono fatti la serra, in genere queste serre sono stracolme di piante e quelli di taglia XL come me devono fare contorsionismi per passare tra le piante sui tavoli e quelle appese, i visitatori restavano incantati non tanto dalle orchidee, da me ne vedevano infinitamente di più, ma proprio da quella serra-giardino, ci sono molte serre di appassionati di orchidee, ma la serra di Mario Comunetti si percepiva al primo sguardo che era una serra con un anima. Anche Olga, la moglie di Mario è un’amante del verde, ama i fiori e anche le orchidee ma non è fanatica come il marito, e poiché è lei l’amministratrice di casa, in inverno quando attraversa la serra.
pensa ai costi del riscaldamento e dice “Troppo caldo, costa troppo” e abbassa il termostato di qualche grado, poi passa Mario che dice “Troppo freddo” e alza il termostato, così il clima in serra varia molto a seconda di chi passa, ma sembra che le piante non risentano di questi alti e bassi, sono sempre bellissime.
Ricordo che una volta Olga mi disse “Questa serra costa troppo, Pozzi, adesso vendo tutto, trovi qualcuno che compri tutte le piante” e Mario “A si! E allora io da domani comincio a bere, a fumare e poi prendo una segretaria giovane e bella …” e la moglie “Va bene, va bene, allora tieni le orchidee”. Troppo forti! Mario Comunetti è anche una persona molto generosa, è sempre disponibile a far visitare il giardino e la serra a tutti i visitatori che ho accompagnato e se vede che sono appassionati ha sempre regalato loro una pianta.
La serra di Mario Comunetti è stata demolita nei giorni scorsi, (estate 2011). L’autunno scorso, inizio novembre 2010, è partito con la moglie per le Canarie, pensavo per una vacanza di un paio di settimane poi, pensavo, tornerà per le feste di natale, invece no, ho incontrato l’amica orchidofila che gli va a curare le piante e gli ho chiesto ”Quando torna Mario?” e lei “E chi lo sa! Dice che la si sta così bene….”, ho chiesto “Ma non gli mancano le sue orchidee?” “Gli ho chiesto anch’io, dice che ha perso la passione”. I coniugi Comunetti sono tornati a maggio, sembrano ringiovaniti, Mario mi dice ”Guarda, là è un paradiso, il clima è perfetto, qui sono pieno di dolori, quando sono là mi passa tutto”, “Ma non hai nostalgia della tua serra e delle tue orchidee?” “No, quando sono là non mi manca niente, passiamo le giornate facendo passeggiate, poi mi diverto a curare il piccolo giardino che ho davanti a casa, andiamo a fare la spesa, là costa tutto molto meno che in Italia, in autunno torniamo là e voglio demolire la serra”. Detto fatto, ha regalato tutte le orchidee, a me ha dato alcune piante tra cui un gigantesco Oeceoclades spathulifera che è appena fiorito con uno stelo di oltre 2 metri ed un’infinità di fiori. Nel giro di pochi giorni la serra è stata smantellata, un vero peccato!
Ma come in tutte le cose c’è un inizio e c’è una fine.
In questi giorni (estate2016) mi ha raccontato un curioso aneddoto, da bambino abitava nei pressi di Capolago, un paesino vicino al lago di Varese e a pochi chilometri dalla città, aveva 7 o 8 anni e si era nel pieno della seconda guerra mondiale, Mario tornava da scuola quando da un bosco uscirono 2 uomini con sulle spalle pezzi di legna che avevano preso nel bosco, erano i fratelli Menafrecc che abitavano vicino a Mario e con lui si incamminarono verso casa subito dopo dal bosco uscì con in mano un fucile e gridando verso i fratelli Menafrecc il padrone del bosco che imbracciò il fucile e sparò verso di loro, sentendo gridare i fratelli Menafrecc, (che avevano rubato la legna), scapparono mentre Mario restò lì e prese in pieno la fucilata. Fu portato all’ospedale dove gli levarono tantissimi piccoli pallini, fortunatamente erano pallini molto piccoli altrimenti sarebbe morto.
Ora Mario ha gravi problemi di salute ed è stato sottoposto a diversi esami clinici, da uno di questi esami si è scoperto che in fronte ha 3 piccoli pallini metallici ed i medici gli hanno chiesto cosa potessero essere e Mario si è ricordato di quella fucilata quand’era bambino ed ha chiesto ai medici se quei 3 pallini fossero pericolosi, i medici risposero “Certo, sono di piombo e sono cancerogeni” e Mario “Allora è meglio toglierli?” ed i medici “Ormai… è più di settant’anni che sono lì…”
I giovani di oggi, (almeno fino ad una decina d’anni fa) sono cresciuti nell’abbondanza e non immaginano com’era l’Italia del tempo di guerra e del dopoguerra, eravamo noi il terzo mondo, basterebbe guardare il film “ladri di biciclette” di Vittorio De Sica che descrive bene l’ambiente di allora, non c’era niente e di conseguenza si teneva da conto tutto, e poteva succedere che si sparasse a chi rubava qualche pezzo di legna per scaldarsi. Comunque lo sparatore fu arrestato e carcerato.
Olga Comunetti è morta nel marzo 2020 per coronavirus. e Mario il 5 marzo 2021